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Educazione Civica

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CAMBIARE IL VICOLO PER CAMBIARE IL MONDO

2 aprile 2020

C’è una foto che in questi giorni sta facendo il giro del web: ritrae un un cesto in vimini calato con una corda da un balcone di un basso di Santa Chiara (NA). Sul manico un cartoncino con un messaggio: “chi può metta, chi non può prenda”.
Colpisce che in un momento  in cui tutti, nessuno escluso, sentiamo minata la nostra vita e ci danniamo per ricrearci delle condizioni minime di vivibilità e protezione, colpisce appunto che da un quartiere popolare di Napoli, dove di certo non corre l’abbondanza, ci sia qualcuno che riesce comunque a pensare a chi ne ha di meno.
Ma a colpire è anche la modalità, un gesto semplice, arcaico per certi aspetti, capace di essere talmente concreto,  immediato ed efficace da risultare spiazzante.
Un gesto potente per il messaggio e il significato che gravita.

La scelta del silenzio per una strada da ridisegnare
Chi ha pensato questo, che alla rivitalizzazione di quel quartiere sta contribuendo ormai da molti anni, avrebbe potuto ricorrere ad altri strumenti. Perché non organizzare qualcosa che alzasse il morale gli avevano chiesto all’inizio (quando c’erano i primi sentori che qualcosa stava cambiando), per stemperare quell’aria pesante. Avrebbe solo dovuto pescare fra i tanti graditissimi momenti di animazione comunitaria realizzati nell’arco del tempo. “Non è il momento, io per primo non me la sento. Ho bisogno di silenzio in questi giorni. Ancora una volta c’è una strada da ridisegnare” così ha risposto Angelo.
E così si è scollegato. È uscito dalle diverse chat e si è messo a pensare e a scrivere. Sapendo bene che nel quartiere c’erano persone senza fissa dimora conosciute da anni e immaginando anche per loro un inasprimento di condizioni, ha pensato bene insieme a Pina, la sua compagna, di preparare pasti più abbondanti per potere offrirne qualche porzione anche a loro. E sapendo pure di dovere rispettare, per motivi
di sicurezza, le giuste distanze è emersa l’idea del “paniere sospeso”.


I profumi sprigionati nell’aria, vuoi di ragù, pasta e patate a seconda dei giorni…. hanno a poco a poco richiamato i primi avventori, subito guardinghi e timorosi, per poi attrarne altri ancora. Quasi ci fosse un passaparola. E Pina, imperterrita, a cucinare e preparare porzioni, Angelo a calarli dal balcone, in un’alternanza di prendere e lasciare. Sì perché c’è anche chi arriva con la sua sportina lasciando il suo contributo.
E poi quel clic di Riccardo Siano, un reporter di quelli bravi, ha fatto il resto: ha portato questa immagine, simbolo del dono per eccellenza, nelle case degli italiani : da nord a sud. E forse non solo.
Se è vero che ogni azione porta sempre un nome e un cognome, certe azioni dicono anche di più. Parlano di un’elaborazione di un certo stato d’animo. In questo caso di una sofferenza.
Così deve essere successo ad Angelo arrivato a ispirarsi a quella figura tanto provvidenziale per la sua Napoli, Giuseppe Moscati, il medico santo vocato ai poveri. Nel suo studio privato, l’onorario era regolato da un cestino con una scritta: Chi può metta qualcosa, chi ha bisogno prenda. La stessa scritta che Angelo, in giorni non meno terribili, ha preso a prestito per il paniere sospeso.

Angelo ‘O capitano, un uomo libero
Sono in molti, a Napoli certamente ma anche al nord,  a conoscere Angelo Picone, in arte ‘O Capitano per via di quel suo destino di uomo libero (come nel film L’Attimo Fuggente), proprio a partire da quel gesto coraggioso di tanti anni fa quando ha “rovesciato la scrivania”, per assecondare la sua natura di artista di strada, di quelli che l’arte ce l’hanno nel sangue però. Dopo aver investito i soldi della liquidazione nell’acquisto di un camper, Angelo ha intrapreso il suo viaggio insieme ad altri amici artisti.
Sono passati 27 anni ma ‘O Capitano ha un ricordo indelebile di quel periodo “Imparammo a vivere senza corrente elettrica e l’acqua corrente, sviluppando un crescente rispetto per la natura e le sue regole ma anche e soprattutto verso noi stessi. Un cammino profondo, e per questo difficile, dentro le ansie e le paure dell’uomo moderno che, come premio, porta ad una maggiore fiducia nel mondo e più autostima verso se stessi. Ci mettemmo a costruire uno spettacolo con scenografie naturali ed una trama nella quale Pulcinella metteva in crisi, a modo suo, il sistema consumistico e capitalistico. Diventammo dei veri professionisti, con la nostra partita Iva, e iniziammo a lavorare con enti e istituzioni”.

Anni di grandi ideali condivisi, menti fervide che ad un certo punto hanno deciso di “attraccare sulla terraferma” mai dimentichi di ciò che li aveva legati, finché nel 2010 proprio ‘O capitano non scopre, nel centro Antico di Napoli, un caratteristico vicolo adiacente al famoso Monastero di Santa Chiara: Vico Pazzariello. Un destino che sembrava scritto: Pazzariello era un antico artista di strada, imbonitore e giullare, clown…un segnale che lì bisognava prendere casa. E così riuniti gli artisti della prima ora, si decide insieme di fittare un basso e di dar vita a Vico Pazzariello A.R.T.S. (associazione rinascita teatro di strada).


“Cominciammo a pensare che la prima cosa che davvero dovevamo cambiare – ricorda O’Capitano-  era la realtà di quei vicoli di Napoli, ancora sommersi nel degrado , nell’abbandono  e con problematiche sociali forti, ataviche e congenite. Siamo artisti di strada e nostro compito è cambiare il mondo in meglio, a cominciare proprio dalle strade. Anzi dai vicoli. E pure volevamo impegnarci per una sorta di tutela degli artisti di strada”.

D’amore e progetti, grandi una vita
E qui si inserisce un altro personaggio, Pina Andelora, in arte Perzechella (che significa piccola pesca). Sono in tanti a conoscere questa donna, una napoletana verace, per quell’ accogliente e straordinaria cioccolateria artigianale a cui ha dato vita in Vico Pallonetto a Santa Chiara. Un ambiente dove volentieri si rifugiavano dall’ affollata confusione di Spaccanapoli, artisti, scrittori e cultori della Napoletanità, in una sosta che ritemprasse contemporaneamente corpo e spirito,  poi trasformato in associazione culturale: Perzechella…si vuo’ fa ‘e Napule nu Muorzo (se di Napoli vuoi fare un boccone).

L’impegno instancabile di Pina Perzechella per il suo quartiere, per restituirgli dignità e decoro, per renderlo bello ed accogliente, è sempre stato noto.
Con la nascita dell’associazione poi, a maggior ragione, poteva organizzare laboratori didattici e spettacoli su Napoli e la napoletanità, in quel Teatrino di Perzechella che della magica cioccolateria aveva mantenuto tutta l’atmosfera.
Angelo ‘O Capitano non poteva quindi non conoscere questa donna così attiva, e così vicina alla sua sensibilità,  e non poteva non invitarla all’inaugurazione di Vico Pazzariello A.R.T.S..


Così due associazioni,  Vico Pazzariello e Perzechella, si sono riscoperte vicine negli intenti a tal punto che fra Angelo ‘OCapitano e Pina Perzechella è scoccata la scintilla dell’amore. Amore che ha preso la forma di progetto comune, che è andato alimentandosi di giorno in giorno, “strada facendo” come dicono loro, “in quel caleidoscopico intreccio di vite e varia umanità in cui divenivano sempre più punti di riferimento le due associazioni”.

Dentro il vicolo
“Senzatetto. Artisti di strada. Bambini e bambine del quartiere. Commercianti in crisi. Cittadini delusi e residenti arrabbiati che ci chiedevano qualcosa, in un certo senso, confidavano in noi. Ci cercavano. Ci parlavano di bisogni, aspettative. Desideri… – ricorda Angelo ‘O Capitano-  Alla fine il progetto si è delineato. Con le nostre attività associative, facendo cultura, spettacoli e passeggiate teatrali presso il centro storico, impegnando quella verace umanità di cui prima, attirare flussi turistici e creare in tal modo un indotto economico e lavoro, seppur piccolo ed ancora tanto precario.

Perché, nel giro di pochi anni, i giovani potessero aprire botteghe ed attività legate al turismo e fare del nostro quartiere, con l’artigianato, i teatrini, i locali, taverne e ristoranti una sorta di “trastevere” napoletana. Crescere tutti verso un riscatto sociale ed economico tanto desiderato e necessario.”
“Altro che amore di coppia. Altro che il nostro giardino!” commenta Pina con un sorriso sornione, mentre riavvolge il nastro dei ricordi!



Un percorso per gli scugnizzi

Un’attenzione particolare Angelo ‘O Capitano e Pina Perzechella l’hanno sempre riservata agli scugnizzi, i ragazzini di strada, che hanno coinvolto nei loro giochi artistici, arrivando a fare loro scuola gratuita di teatro e musica popolare…sullo sfondo di un disagio, povertà educativa ed economica, genitori problematici o in galera, a cui hanno cercato di fare da contraltare.
“Gli abbiamo insegnato – raccontano – piccole cose ma che hanno una grande funzione, tenendoli lontani dalle devianze a cui purtroppo tanti ragazzi di Napoli sono soggetti. Alcuni di loro, ora sono giovani e hanno corretto le loro tendenze iniziali, scegliendo di fare il pizzaiolo anziché lo scippatore. Altri vogliono approfondire l’esperienza artistica e li aiuteremo a crescere in questo senso. L’obiettivo più ambizioso è fare che attraverso la nostra esperienza possano un giorno lavorare nel settore turistico insieme alle loro famiglie, creando una cooperativa sociale o struttura organizzativa simile che li possa tutelare…”.

Se il coronavirus sbarra i confini
“Ora, però, che il mondo si sta chiudendo su stesso perché colpito dal coronavirus, e sta sbarrando confini, frontiere e costringendo le persone in casa, che piega prenderanno tutti i nostri progetti in questa piccola ma speciale parte di Napoli?”. E’ quanto si chiedono Angelo ‘O Capitano e Pina Perzechella.
E provano anche a darsi risposta da soli:
“ Se non riparte il turismo saremo costretti a chiudere, visto che le nostre attività sociali sono a titolo gratuito e non abbiamo finanziamenti da nessun ente o altra organizzazione. Possiamo sopravvivere solo se riusciamo ad entrare nei cuori di qualche fondazione e altre organizzazioni beneficiarie. Sì perché con il turismo finanziamo tutte le nostre attività e le spese di gestione della nostra sede. Riusciamo anche a viverci noi, artisti ormai veterani. Eppure saremo i primi a scendere in strada, dopo che tutto questo incubo sarà finito. Le strade avranno bisogno di noi, per tornare ad essere gioiose allegre e colorate come solo noi sappiamo esserlo quando vogliamo”.


“E intanto – conclude Angelo ‘O Capitano – ripenso a 27 anni fa quando insieme ad altri giovani partimmo con un furgone per salvare il mondo. Per farlo Migliore cominciammo a rendere migliori noi stessi, facendo ridere e divertire la gente ma portando anche messaggi di lotta e speranza, cercando soluzioni concrete di vita alternativa nel rispetto della natura e della dignità umana. Con gli stessi artisti, fratelli e sorelle di allora, ne stiamo riparlando”.

E per finire…
Un paniere solidale è servito a mettere in luce una dimensione di vita che va ben oltre il paniere stesso.
Conosciamo da qualche tempo Angelo ‘O Capitano e, attraverso di lui, anche Pina Perzechella.
Una sola cosa per noi conta su ogni altra: quei visi puliti, quell’onestà che viene prima di tutto.

Simona Vitali



Photo copertina e finale: Ferdinando Kaiser

 

 

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UN SENTIMENTO CHE NON SI MISURA A TASSAMETRO

26 maggio 2018

Dicono che il modo più diretto di calarsi in un territorio sia la moto, per la  percezione immediata che ti regala dei profumi e dell’atmosfera di quel contesto.
Per me c’è un altro infallibile modo di entrare in un luogo ed è con il taxi, porta di accesso alle città in cui mi trovo a transitare. Una scelta ben precisa, che continuo a confermare, per la praticità di muovermi senza pensieri ma soprattutto per il piacere di interloquire con chi, nel più o meno breve tratto di strada, dei segreti di quel luogo ne è testimone e custode.


Ho scolpiti nella memoria tanti aneddoti, alcuni esilaranti, tra quelli che ho vissuto e ascoltato raccontare; il colore che mi  accoglie quando scendo al sud;  la gratitudine per aver raccolto, senza margine di errore, buoni consigli, impagabili quando hai poco tempo da spendere e lo devi fare bene o quando vuoi farti un’idea di qualcosa,  dal “per favore si può fermare al volo nella migliore pasticceria lungo questo percorso?” fino  alla richiesta più statistica sulla recente apertura di FICO.

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E’ SEMPRE STATO COSI’ BIANCO QUESTO LUOGO?

6 maggio 2018

“Ma è sempre stato così bianco questo luogo?” lo chiedo, mentre scorro i titoli all’interno di una minuscola libreria di Peschici, sul Gargano.
Il proprietario, fino a quel momento impegnato nel retrobottega, si affaccia e mi pone nelle mani un piccolo elegante libro dal titolo Peschici con altri occhi, Editore Peschiciana, a cura di Michel’Antonio Piemontese.
“Leggi qui” mi dice, con un’aria tra il distaccato e l’annoiato, come se a quella domanda avesse dovuto rispondere mille volte, aprendomi il libro a pagina 53.
Peschici, dunque, è il posto più orientale ed interessante del Gargano, qui più che altrove, l’influenza saracena ha lasciato le sue tracce nelle belle casette a cupole, che sembrano trapiantate di peso dall’Asia e spiccano di un bianco candido sul meraviglioso verdeazzurro del mare. A fare questa descrizione è Caterine Hooker nel 1927.


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Il SECONDO TEMPO DI UNA VITA

19 marzo 2018

La spiaggia d’inverno ha il sapore di una grande distesa uniforme. Non le file colorate di ombrelloni che segnano il passaggio da un bagno all’altro: solo sabbia. Due immensità, la spiaggia e il mare che, con quell’azzurro grigio che li accomuna, si fondono laggiù nel cielo. Raddoppia l’orizzonte, capace di fare spazio dentro di noi, regalandoci un più profondo respiro di vita, di quelli che ossigenano e puliscono un po’ l’anima, sulla spiagga di Viserba (RN).
Se poi quel tuo vagare libero di pensieri incontra un’altra libertà l’avverte subito, perché qui si è tutti un po’ più nudi. Non ci passa inosservato un levriero tigrato, longilineo ed elegante nel portamento, che arriva lì con il suo padrone. Bastano pochi attimi perché inizi la sua volata con stile e in gran velocità. Curiosamente disegna un grande otto sulla sabbia, lanciando come segnali di un imprinting ancora tutto da scoprire.


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CI SONO GIORNI DA VIVERE SOFFIANDO IN UNA BOLLA DI SAPONE

24 dicembre 2017

“Ci sono giornate che andrebbero vissute soffiando bolle di sapone e mangiando caramelle gommose” (cit. Andrea Crevatin) e altresì ci sono situazioni in cui questa modalità diventa canale di comunicazione preferenziale, linguaggio universale per riuscire ad entrare in relazione con gli altri, in qualunque latitudine del mondo.
Se è vero che ciascuno di noi, nel corso della vita, si dota di un più o meno corposo mazzo di chiavi per entrarci, è anche vero che di una chiave ben precisa si è attrezzato, a un certo punto, Yuri Bussi: il mondo delle bolle di sapone.  Salese del sasso (ovvero originario di Sala Baganza) ma figlio del mondo, conosciuto da grandi e piccini come il bollaio, in arte il Bollaio Matto, ha un percorso di vita costellato di scelte fortemente volute e per niente semplici, che gli hanno richiesto di ingegnarsi in modo inusuale rispetto al comune.


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IO PENSO CHE I BAMBINI SIANO BELLI IN TUTTO IL MONDO

20 dicembre 2017

La geografia del tempo plasma i luoghi e la natura, producendo un paesaggio che ti costringe a fermarti, a rallentare per goderne appieno la bellezza.
Pensavo a questo mentre Fabrizio Banterla mi raccontava le origini del suo storico vivaio, uno dei primi a vedere la luce sul lago di Garda, nel 1921.
“Un secolo fa qui c’erano gelsi che arrivavano fino alle sponde del lago, adatti per la produzione dei bachi da seta, gli ulivi c’erano ma molto più radi. – racconta Fabrizio, che ha preso le redini, insieme ai due fratelli Adriano e Maurizio e al cugino Gianni, dei Vivai Banterla fondati dal nonno Anselmo pochi anni dopo la fine della prima guerra mondiale – Fu mio padre, tra gli anni ’40 e ’50, a introdurre, insieme ad altri agricoltori, le viti e l’ulivo in maniera estensiva, grazie agli incentivi destinati a queste coltivazioni”.


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AMO LA CARTA, IL SUO PROFUMO, IL SUO COLORE

12 dicembre 2017

Un negozio colmo di ogni bene, come se fosse il centro smistamento permanente che Santa Lucia e Babbo Natale hanno in condivisione!
È quello che trova il piccolo e grande avventore che mette piede nella Cartoleria Passaparola, sapendo già che ci sarà una buona scelta per qualsiasi cosa cerchi, non uno per tipo ma almeno due o tre varianti.
E la cosa sorprendente è che non siamo in città ma in un ameno paese di poco più di 5000 abitanti, Sala Baganza, sulle colline parmensi,  che, con la sua maestosa Rocca (in cui si sono succeduti i Sanvitale, i Farnese e i Borbone) e il giardino farnesiano, il Casino dei Boschi e la Villa del Ferlaro (voluti  da Maria Luigia), svela un passato importante,  insieme al contributo  di  una natura che qui è stata generosa, tra il verde delle colline e lo scenario dei calanchi.


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IL POPOLO DEI GRAFIRULANTI

20 novembre 2017

“A scuola i bambini si liberano dall’ignoranza, dai pericoli della strada, dalla povertà, dall’isolamento, talvolta dalla solitudine, spesso dalla fame e dalle malattie. Ma è anche il luogo dove possono liberare la loro fantasia, il desiderio di conoscere, la voglia di capire, l’abitudine a stare insieme. Insomma è la strada più sicura per creare cittadini liberi e consapevoli”. Queste parole le ha pronunciate Massimo Bray, direttore generale della Treccani, che pubblica anche quest’anno l’Atlante dell’infanzia a rischio, e mi sono venute sotto gli occhi nel momento in cui terminavo la lettura di un libro per bambini dai 5 agli 8 anni, che un amico mi aveva regalato: I Grafirulanti e lo stato infranto è il titolo e le autrici, Lara Entradi ed Elena Scarpanti, sono maestre elementari, o almeno un tempo si chiamavano così.


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RASIGLIA È TUTTA LA MIA VITA, IL SOGNO MIO

13 novembre 2017

“Cosa c’è di più affascinante dell’acqua che scorre fra le case?” ci siamo detti immaginando già il gorgheggiare gioioso di ruscelli e i ponticelli di legno fra le rocce, in quel borgo montano speciale, a 30 km da Foligno, che ha il nome di Rasiglia. Cosa c’è di più bello che deviare un percorso quando i piani erano altri? La vita è sempre pronta a sorprenderci, ma noi dobbiamo lasciarle spazio e anche scegliere di rivedere i nostri programmi, se è il caso.


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I SOGNI AUDACI DI ROBERTO CERAUDO

23 ottobre 2017

La linea di confine è sul filo della collina. In fondo il mare, ma lo sguardo, prima che ci arrivi, è distolto dalla cementificazione che ne deturpa la vista. Molto meglio voltarsi verso l’interno dove ci accoglie un paesaggio perfetto, ordinato dalla mano e dalla sapienza di un uomo che, in quarant’anni, si è preso cura degli ulivi, delle viti, ma anche dell’humus sotterraneo e, all’apparenza, invisibile che lo alimenta.


“Qui c’è tutta la mia vita e i miei sogni” ci spiega Roberto Ceraudo, dopo averci portato in trattore a fare un giro nelle sue terre. È un modo originale di accogliere gli ospiti, quello che ha inventato Roberto: li carica sul cassone al tramonto e via, al ritmo lento e disordinato del suo trattore, tra ulivi e vigne, sempre accompagnato dal suo cagnolino che corre alla stessa velocità del mezzo agricolo.


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