Educazione Civica

I SOGNI AUDACI DI ROBERTO CERAUDO

23 ottobre 2017

La linea di confine è sul filo della collina. In fondo il mare, ma lo sguardo, prima che ci arrivi, è distolto dalla cementificazione che ne deturpa la vista. Molto meglio voltarsi verso l’interno dove ci accoglie un paesaggio perfetto, ordinato dalla mano e dalla sapienza di un uomo che, in quarant’anni, si è preso cura degli ulivi, delle viti, ma anche dell’humus sotterraneo e, all’apparenza, invisibile che lo alimenta.


“Qui c’è tutta la mia vita e i miei sogni” ci spiega Roberto Ceraudo, dopo averci portato in trattore a fare un giro nelle sue terre. È un modo originale di accogliere gli ospiti, quello che ha inventato Roberto: li carica sul cassone al tramonto e via, al ritmo lento e disordinato del suo trattore, tra ulivi e vigne, sempre accompagnato dal suo cagnolino che corre alla stessa velocità del mezzo agricolo.


Siamo sulla collina da cui si domina l’intera tenuta Ceraudo, a Strongoli, in provincia di Crotone. Da qui si possono vedere gli ulivi centenari, i filari autoctoni di Gaglioppo, Mantonico, Greco e Pecorella, l’agriturismo che ospita il ristorante che la figlia Caterina  sta portando agli occhi del mondo, la chiesetta di epoca rinascimentale.
Proprio lì, nella chiesetta, ogni domenica mattina arriva Padre Giancarlo, annunciato da Fiorina, la sua perpetua che attraversa tutta la corte scampanellando l’annuncio della messa. Tutta la famiglia Ceraudo, i dipendenti dell’agriturismo, i ragazzi del ristorante e qualche ospite, ascoltano l’omelia di questo Padre che, per scelta, non ha una parrocchia ma una casa aperta a tutti.


“Non potrei vivere in altro luogo, l’ho amato dal primo giorno che l’ho visto, in vendita e fortemente diroccato. Avevo poco più di vent’anni e, con l’incoscienza dell’età, mi sono recato in banca a chiedere un mutuo” confida Roberto mentre ci guida più in giù, non prima di aver raccolto una manciata di grappoli che distribuisce ai passeggeri del carro. Un gesto che svela l’autentico carattere di questo contadino che all’approccio sembra ruvido, ma poi si apre rivelandosi per quello che è: una persona buona, generosa, rispettata.
“Grappolo grande fa grande il vino” è la sua massima che racchiude una visione complessa e trasparente di come va trattata la vigna e la terra.
“Non c’è bisogno di fare nulla, va semplicemente lasciata in pace. L’ho capito quando, trent’anni fa, ho subito un incidente, durante un trattamento con gli antiparassitari, che mi tenne in bilico tra vita e morte. Da allora ho scelto di rispettare la terra, trasformando l’intera produzione a biologico. Sono stato il primo in tutta la Calabria”.


Non sappiamo se è suggestione o realtà, ma i profumi nell’aria, in questa oasi di pace, sono più intensi, il sapore dei chicchi è qualcosa di ancestrale e le parole di Roberto fanno riflettere: “Ci sono voluti quasi cinquant’anni per creare questo paesaggio, dove ogni giorno è stato diverso dall’altro. Sta in questo il bello dell’agricoltura”. Mentre fa questa affermazione ferma il trattore nel cuore di quello che lui stesso definisce museo a cielo aperto.
Non ci sono resti archeologici, né antiche architetture da vedere: solo ulivi, centenari, alcuni forse millenari, che Roberto ha, nel corso degli anni, innestato per mantenerli produttivi.
Sorge spontanea la domanda: cosa provi quando, ogni giorno, osservi queste piante?
“La speranza di vivere così a lungo, come loro” scherza Roberto, che aggiunge: “Mi affascina pensare quante persone, quante vite, quante storie hanno visto queste piante. Nel giardino dell’agriturismo ne abbiamo una che ha più di milleseicento anni”.


Con ogni probabilità era qui quando Alarico, con i suoi Visigoti, occupò la Calabria, prima di morire, come vuole la leggenda, a Cosenza.
“È questa stupefacente resistenza della natura che mi induce al rispetto. Ti basti quest’altro esempio: la nostra azienda è circondata, per fortuna, da oltre diecimila metri di terreni incolti, abbandonati. Questo ha favorito la riproduzione di una flora e di una fauna naturali, con i ritmi rispettati, con un centinaio di insetti che svolazzano liberi sui nostri terreni, e sono pochissimi, sei/sette, quelli ormai dannosi. Stiamo riuscendo a ricreare l’equilibrio essenziale per la biodiversità”.


Sogna ancora Roberto Ceraudo, lo racconta sempre: “O i sogni sono accompagnati da una grande audacia o smettono di essere sogni”. Quello che, adesso, è il suo sogno impellente è riuscire a fare uno dei primi sette grandi vini d’Italia ma, afferma, ha bisogno di altri 15 anni di rispetto delle sue terre.
Nel frattempo ci piace vedere che i sogni di ragazzo sono diventati realtà, in questo paesaggio tra i più sereni della Calabria, e che davanti a sé ha costruito il futuro: quello rappresentato dai suoi tre figli, Giuseppe che è in campagna con lui, Susy che gestisce la bellezza dell’agriturismo, Caterina che ha fatto della sua passione per i vini il motivo principale per crearci intorno la cucina del ristorante Dattilo, oggi riconosciuta e celebrata ben al di fuori della linea di confine.

Luigi Franchi

Azienda Agricola Ceraudo
Contrada Dattilo
Strongoli (KR)
Tel. 0962 865613
www.dattilo.it 

Le foto sono di: Azienda Agricola Dattilo, Simona Vitali, la foto di copertina di wining.it

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