Educazione Civica

UN SENTIMENTO CHE NON SI MISURA A TASSAMETRO

26 maggio 2018

Dicono che il modo più diretto di calarsi in un territorio sia la moto, per la  percezione immediata che ti regala dei profumi e dell’atmosfera di quel contesto.
Per me c’è un altro infallibile modo di entrare in un luogo ed è con il taxi, porta di accesso alle città in cui mi trovo a transitare. Una scelta ben precisa, che continuo a confermare, per la praticità di muovermi senza pensieri ma soprattutto per il piacere di interloquire con chi, nel più o meno breve tratto di strada, dei segreti di quel luogo ne è testimone e custode.


Ho scolpiti nella memoria tanti aneddoti, alcuni esilaranti, tra quelli che ho vissuto e ascoltato raccontare; il colore che mi  accoglie quando scendo al sud;  la gratitudine per aver raccolto, senza margine di errore, buoni consigli, impagabili quando hai poco tempo da spendere e lo devi fare bene o quando vuoi farti un’idea di qualcosa,  dal “per favore si può fermare al volo nella migliore pasticceria lungo questo percorso?” fino  alla richiesta più statistica sulla recente apertura di FICO.


Vi è mai capitato di affrontare con il taxista argomenti improbabili, magari lanciati da lui stesso, sorprendendovi che sappia tenere testa anche a questi? Certo c’è il conducente più loquace e quello meno, ma difficilmente la corsa si rivela arida. Qualcosa regala sempre. A me sinceramente il buonumore.


Ho un’amica che sostiene che non è gita o non è inizio vacanza se non ci si ferma all’Autogrill. Ecco, io non mi sento benvenuta in una città se non mi ci calo con un cicerone d’eccellenza: il taxista.
Ultimamente ho preso il taxi dalla stazione di Bologna direzione FICO. Ho chiacchierato piacevolmente con il taxista, questa volta della sua categoria, del ruolo sociale e mentre parlavo mi è scattata la molla: questa è una bella storia, ne voglio scrivere. Prima di scendere gli ho chiesto i riferimenti per contattarlo. Lui mi ha risposto: “Guardi, ho una struttura alle spalle, un consorzio, ci chiama Cotabo, conta 530 soci ed è il più grande di Bologna, dove lei può trovare risposta a tante domande. Il nostro presidente è una persona aperta, chiami a questo numero e chieda di lui. Poi in sede ci sono sempre taxisti con cui poter scambiar due chiacchiere. Facciamo tante iniziative, pensi che 20 dei nostri mezzi sono dotati di defibrillatori e altrettanti taxisti sono abilitati a utilizzarli. Siamo talmente presenti sul territorio che tante volte arriviamo prima noi del 118, e il tempo in questi casi può salvare la vita.  Per questo è nata l’idea di attrezzarci”.


Taxi dotati di defibrillatori salvavita? Questa è potente: mi sono detta fra me e me e decido di conoscere meglio questa realtà. Mi metto in contatto con Riccardo Carboni, il presidente appunto, e ci diamo appuntamento in sede, una struttura nuovissima in zona fiera di Bologna. Mi viene incontro questo giovane uomo, informale, con gli occhi che sorridono e basta qualche scambio di battute per percepire che la persona ha le idee molto chiare e parecchia determinazione.
“I taxisti sono l’evoluzione dei birocciai: un tempo a Bologna ci si muoveva con le carrozze e i cavalli. –  racconta Carboni – Lo spirito cooperativistico che ha sempre caratterizzato questa città si è manifestato anche nella nostra categoria, per cui 51 anni fa un gruppo di taxisti, con più motivazione di altri, ha deciso di fondare Cotabo, la nostra cooperativa”.


Con grande semplicità e chiarezza mi fa vivere i passaggi salienti, coraggiosi della loro storia: “All’epoca presidente e vicepresidente si sono esposti in prima persona per poter acquisire la prima sede di Cotabo in centro storico, poi con il maturare di certe necessità c’è stato il trasferimento in periferia, che ha consentito di realizzare un distributore di carburante (per comprimere i costi acquisto carburante dei soci) e un’officina ‘casalinga’ (all’epoca i taxisti erano capaci di fare un po’ di tutto) senza, in questo modo, dover andare a cercare servizi esterni. E infine, un paio di anni fa, per necessità di espansione del quartiere fieristico, gli abbiamo ceduto la nostra area e ottenuto quella dove abbiamo costruito l’attuale sede, che ci consente di meglio razionalizzare tutte le nostre esigenze organizzative”.

C’è un dinamismo che si percepisce a pelle in questa “casa dei taxisti” che vanno e vengono nei vari uffici loro di riferimento ma soprattutto, come mi conferma il presidente, la volontà di essere non solo a passo con i tempi ma addirittura precorrerli nell’individuare soluzioni a vantaggio della clientela, attraverso l’utilizzo di una tecnologia sempre più evoluta. Così per chiamare il taxi ognuno può scegliere la modalità più congeniale fra le diverse che Cotabo propone, oltre alla tradizionale chiamata alla centrale radiotaxi. Oppure la possibilità di scaricare gratuitamente un’app che con un solo click ti fa arrivare il taxi dove ti trovi (primi in Italia ad attivare questa applicazione), una modalità di richiesta automatica per chi utilizza spesso il taxi, la possibilità di registrarsi e accedere a un portale dove effettuare le prenotazioni taxi, e poi applicazioni per alberghi, ristoranti, uffici.


Ciò che però sorprende più di tutto è scoprire come Cotabo sia proattiva su Bologna: “Tutte le volte che c’è un’iniziativa in città se possiamo mettere qualcosa di nostro lo facciamo” mi spiega Riccardo Carboni, e mi evidenzia come i taxisti siano molto legati al territorio, che peraltro conoscono in ogni sua piega. Per questo ci tengono non solo a supportare ma a valorizzare le iniziative messe in atto “perché se Bologna viene apprezzata è un vantaggio anche per noi”.
Qualcuno non vedrebbe l’ora di snocciolare elenchi di cose fatte, ma da queste parti non funziona così. O almeno Il presidente non è il tipo che si autocompiace. Piuttosto preferisce ricordare ”lo sforzo di mantenere l’autentico spirito cooperativistico dei soci fondatori, per cui si cerca di fare cose utili e le si fa insieme –  e aggiunge – la nostra è una struttura che eroga dei servizi ma ha anche dei valori”.
Arrivati a questo punto non posso fare a meno di chiedere dell’iniziativa dei defibrillatori in dotazione sui taxi, di cui sono venuta a conoscenza.


“L’idea è partita al nostro interno: una parte dei taxisti già prestava servizio volontario sulle ambulanze. In collaborazione con il 118 abbiamo costruito il programma, l’abbiamo presentato all’assessorato alla sanità di Bologna che lo ha caldeggiato, abbiamo predisposto la formazione e trovato un partner per l’acquisto dei defibrillatori. All’inizio il 118 si interfacciava direttamente con la nostra centrale, poi i taxi sono stati dotati di un’applicazione diretta. Siamo stati i primi in Italia ad attivare un’iniziativa di questo genere”.
Il resto è storia quotidiana da circa tre anni a questa parte con 20 taxi attrezzati e relativi taxisti adeguatamente formati che si muovono su Bologna, pronti a intervenire nel caso risultino i più prossimi alla zona in cui c’è un’emergenza. E quando si parla di infarto è la tempestività dell’intervento che conta: se si arriva sul posto entro due minuti la probabilità che la persona si salvi è altissima, oltre i cinque minuti si rischiano danni permanenti o peggio la vita, mi spiega Francesco Sangiorgi, taxista da 11 anni, che proprio un anno fa ha contribuito la a salvare la vita a un uomo.


“Ero fermo in un posteggio in centro storico – racconta – ed è suonata l’applicazione sul tablet, considerando la vicinanza ho accettato l’incarico, inviando conferma. Arrivato sul posto ho trovato un poliziotto in borghese che aveva attivato i soccorsi e un commerciante della vicina drogheria già alle prese col massaggio cardiaco su un uomo che aveva gli inequivocabili manifestazioni di infarto. A quel punto ho estratto dall’auto il defibrillatore, l’ho attivato e, lavorando in buona sintonia con il droghiere, siamo riusciti a defibrillarlo: alla prima scarica l’uomo ha iniziato a respirare. È poi arrivata l’ambulanza. Avere una rete distribuita di defibrillatori sul territorio aumenta la possibilità di salvare la vita delle persone” riflette Francesco che vive ancora l’emozione del dopo intervento quando, come dice lui, gli si è scaricata l’adrenalina che lo ha fatto letteralmente sbiancare in viso!
Riccardo Carboni mi confida che stanno valutando di implementare di una decina il numero di defibrillatori. E a giudicare da quanto hanno fatto accadere finora non c’è dubbio che riusciranno anche in questo.


Un’altra iniziativa, fra quelle che ho potuto carpire, mi ha colpito particolarmente. L’hanno denominata Taxi Rosa ed è stata attivata tra il 2006 e il 2007, periodo in cui si erano verificate diverse aggressioni nei confronti delle donne sul territorio. In quest’occasione Cotabo ha costituito un fondo e distribuito 100.000 euro di buoni alle donne per incoraggiarle a utilizzare i mezzi di trasporto più sicuri. I taxisti inoltre rivestivano anche il ruolo di controllori rispetto al fatto che le donne raggiungessero le abitazioni (attendevano che entrassero dal portone di casa).
Ho terminato la mia lunga chiacchierata, sono sul taxi in direzione stazione e mi guardo intorno. Rilevo una telecamera affissa al tettuccio (ogni auto ne è dotata, mi viene detto), mi fermo con lo sguardo sugli occhi del taxista riflessi nello specchietto retrovisore e mi chiedo :“i malfidenti dovremmo essere noi?”


Queste persone hanno fedina penale pulita e casellario giudiziale intonso e vanno incontro all’ignoto a ogni corsa. Incrociamo un nugolo di taxi che vanno e vengono. Mi sovviene una considerazione di Carboni sulla pervasività dei taxi: “Esserci è un lavoro ma è anche qualcosa in più, è l’essere parte di una comunità, un sentimento di appartenenza che non si misura a tassametro”.

Simona Vitali

Foto: Archivio Cotabo

 

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