Educazione Artistica

FRANCO, IL CERCATORE SERIALE DELL’IMPROBABILE

25 dicembre 2021

C’è stato un tempo in cui faceva il restauratore e ci si dedicava con passione. Non contava le ore che ci metteva, anche di notte, quando poteva lavorare indisturbato nel suo laboratorio.
Le richieste erano talmente tante da non riuscire a trovare tutti i pezzi per accontentare i clienti.
Poi quella partecipazione al Mercante in Fiera nel 1995 gli ha fatto capire che il tempo era scaduto. Era giunto il momento di depositare gli attrezzi e cambiare rotta, assecondando una passione che coltivava già da tempo di frequentare di mercatini alla ricerca di oggetti curiosi, perché un entusiasta come lui doveva mantenere quella fiammella sempre accesa.
Questo è Franco Rodolfi che oggi è un cercatore seriale e collezionista di cose improbabili, di cui ti sa raccontare anche la storia. I suoi criteri nella scelta sono la particolarità dei pezzi ma anche la complessità della loro fattura.

Che sia chiaro però che lui non butta via niente, neanche una vite. Così facendo ha stipato un intero capannone da cui svettano pezzi unici, nel vero senso della parola, che l’occhio deve sapere riconoscere fra tanti oggetti più comuni. Transitando dal tratto che unisce Fidenza a Salsomaggiore Terme, non si può non notare macchie di colore appariscenti, sotto la tettoia esterna, come il verde brillante di un piccolo veicolo allestito come da corsa o il blu di un aeroplano con le ali tricolore, a misura di bambino, apposto su un piedistallo.
Basta chiedere e Franco è ben felice di dare spiegazioni mentre traffica fra i suoi oggetti.
“Quella verde è un prototipo autocostruito di auto da pista – spiega – trasformato, in un secondo momento in un fuoristrada. Ha il motore di una Vespa 150 con un cambio Fiat 500 e un totale di 16 marce. L’aeroplano invece è il pezzo di una giostra. L’ho trovato nella cantina quando ho acquistato questo complesso, casa e capannone, che in precedenza è stato affittato ad un giostraio. L’ho fatto restaurare ed ora è parte della mia collezione di cose strane”.


Entrando nel grande spazio del capannone cattura subito, sulla sinistra, la ricostruzione di un angolo bar
con un enorme mobile rétro color crema e rifinito in bordeau, tutto a ripiani colmi di bottiglie d’epoca, che tiene tanta parte di una grande parete. Davanti una sorta di bancone animato da un’avvenente barista bionda, capello lungo, occhi ammalianti, con una linda camicetta bianca. È un manichino che a prima vista fa pensare a una persona in carne ed ossa!

Poco oltre svetta particolare portafrutta da ristorante, tutto in vetro soffiato, con un lungo collo da cui si versava l’acqua che andava a riempire il fondo. Sulla parte incava esterna veniva depositata la frutta,
che aveva le condizioni ottimali per mantenersi fresca.
“Questo me l’ha regalato un cameriere che aveva girato il mondo con il suo lavoro e che a fine anni ’90 lavorava nel ristorante mio e di mio figlio a Fidenza, nei pressi del duomo. Si chiamava al Convento ed era tutto illuminato soltanto con le candele. Ne avevamo messa una anche sopra questo portafrutta”.


Il resto degli oggetti è distribuito su piani di appoggio come quel sedile di un calesse a cui Franco ha fatto fare i piedi per dargli stabilità, oppure su mensole e tavoli ma anche sul pavimento, se i pezzi hanno una certa dimensione. Sono luoghi in cui aggirarsi con attenzione questi, perché l’occhio colga fra le tante cose ciò che gli aggrada e, se è affinato, anche pezzi così particolari da meritare che se ne ascolti la storia.
La giovialità abita qui. Se si fa capolino nel capannone si è i benvenuti.
Due parole, anche tre, Franco le scambia sempre volentieri ed è pronto a far notare la particolarità di quell’oggetto piuttosto che di un altro. Lui che apprezza tanto la cura con cui gli artigiani del passato costruivano ogni singolo pezzo, è contento che ci siano persone che ne riscoprano il valore.

Si capisce quando una persona sta bene nel mondo che si è creato e che intende continuare ad alimentare. Da poco gli hanno consegnato un’irresistibile Betty Boop con i suoi occhioni verdi e un avvolgente abito rosso da sera. Una figura tridimensionale, che risale a fine anni ‘90, di almeno un metro di altezza, capace di attirare l’attenzione su di sé, nonostante la presenza, nei dintorni, di altri pezzi ben più rari. Come i due cavallini di marca Mabo degli anni ‘40, uno che cammina ancora spingendo i pedali e l’altro a dondolo. Perfettamente conservati, arrivano direttamente da un collezionista. E pure quella macchina pedali, una citroen cabrio del 1960 color nocciola, in attesa di qualche ritocco, ma già bellissima!

Lì accanto non passa inosservata una moto filiforme, rispetto ai modelli a cui siamo abituati. È un Corsarino ZZ mai utilizzato. L’aveva realizzato un team di gara per omaggiare un pilota a fine carriera. Questi l’ha sempre tenuto nella propria sala senza mai usarla.
In un punto sopraelevato svettano due ballerini di almeno 80 cm di altezza, in cartapesta, rigorosamente in abito da ballo. I loro volti hanno sembianze animali.


Se si attacca la spina girano a tempo di valzer. Sono stati realizzati in Germania nel 1943 e arrivati fino qui, nelle mani di una restauratrice locale che, sapendo della passione di Franco, glieli ha offerti. Un altro pezzo si è aggiunto alla sua collezione che non ha preferenze di genere, purché si parli di cose per qualche motivo  improbabili, pezzi unici.
Più oltre, su un altro tavolo, c’è una composizione in resina che non passa inosservata. Ritrae una famigliola con il proprio cagnolino su un’auto d’epoca decapottata, mentre transita nella campagna.
Quel ritratto dice di un momento spensierato e lascia immaginare di una giornata diversa dalla routine, per chi è disposto a entrare con il pensiero in quella dinamica.
La cura dei più minuziosi particolari. Ecco di cos’erano capaci gli artigiani di un tempo!

Distribuiti qua e là ci sono anche modellini di auto a cui non si può restare insensibili,
come uno squalo in grigio metallizzato (Citroen Ds) che è sempre più raro trovare nella sua dimensione reale sulle nostre strade. Ebbene Franco ha trovato anche l’originale!


“Ora è in fase di restauro. – racconta – Voglio che sia nelle condizioni di viaggiare ovunque.  È l’auto che mi rappresenta”.
Tanti anni fa, chi approdava all’isola di Pantelleria,  in zona porto si imbatteva in un’insegna sopra una vetrina che recitava così “Santoro Pietro, dalla sardina all’aereo”.
Ecco, Franco l’aereo (della giostra) ce l’ha e al posto della sardina ha lo squalo!
Non riusciamo a immaginare quale sarà la sua prossima trovata ma di una cosa siamo certi: non tarderà a farla saltare fuori. Perché chi è predisposto, o ben disposto, attrae!

Simona Vitali

 

 

 

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