Storia

IL MONDO IN UN CAPPELLO

9 novembre 2020

“Prova questo, è il berretto da strillone ( o NewsBoy cap) che prende il nome dai ragazzini che vendevano i giornali per la strada per guadagnarsi qualche soldo. In realtà era diffuso fra i lavoratori, gli operai portuali e gli uomini di bassa estrazione sociale tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, in Europa e nel  Nord America.
E guarda questo Roller, di un leggerissimo feltro di lepre e cachemire, morbido, indistruttibile. Si chiama così perché lo puoi arrotolare, chiudere con il suo gancino e metterlo nella tasca della giacca” così Gian Elia racconta ad un coetaneo che sta provando i cappelli della sua collezione autunno/invernale.

Lavorare sulla piazza
Ci fermiamo a osservarlo all’opera, Gian Elia Amoretti, che di mestiere seleziona e fa realizzare cappelli di altissima qualità da veri e propri maestri cappellai, i più bravi  in Italia e all’estero, che vuole conoscere di persona prima di iniziarci a lavorare.
Sembra un prestigiatore, stanne certo che di qualsiasi cappello che prende in mano ha qualcosa da dire, una curiosità, un aneddoto, tale è il bagaglio da cui attinge: c’è la storia, perché i cappelli hanno segnato la storia e c’è un’arte, quella dei maestri cappellai, di sconfinata abilità e pazienza.
E più di tutto c’è una sfida, tutta sua, di portare sulle piazze il meglio dei cappelli che trova, cambiando postazione ogni giorno, secondo il calendario dei mercati settimanali.
La piazza è il terreno di tutti, il luogo dell’improbabile in cui imporre la propria presenza senza che la gente ti venga a cercare, diversamente dal negozio dove si entra appositamente con l’intenzione di acquistare.


Gian Elia Amoretti, figlio d’arte

E’ figlio d’arte Gian Elia, ha alle spalle una famiglia conosciuta e amata nel parmense ma non solo, i suoi genitori hanno gestito per tanti anni un’avviata merceria/abbigliamento  in quel di Sala Baganza e  il nonno paterno Oscar, con l’inseparabile moglie Nera, una cappelleria ambulante, scrivendo un pezzo di storia, quanto a cappelli,  in quasi quarant’anni (dal 1977 al 2014/15). Storia che il nipote non solo sta onorando ma pure alimentando.

Da appassionato vero, con tanto di collezioni storiche che non venderebbe mai e pure alla continua ricerca dei vecchi attrezzi dei cappellai, Gian Elia sta dando un’impronta molto personale alla sua attività –  Amoretti cappelli&accessori – che sta conoscendo certamente la più alta espressione qualitativa di sempre.


Ma per arrivare a questo ha dovuto prima imparare il mestiere. Era ancora ragazzino, aveva 14/15 anni, quando il nonno Oscar gli ha chiesto di affiancarlo nei mercati a Bardi, che d’estate era luogo di turisti, per dargli una mano con l’inglese. Quella campagna estiva gli ha permesso di comprarsi il Ciao, il suo primo motorino, che tanto desiderava ma soprattutto gli ha lasciato un segno, che sarebbe riemerso più oltre negli anni quando si è trovato a decidere del suo futuro. Non erano il chiuso di un ufficio o di un negozio ad attrarlo, bensì lo stare all’aria aperta, cambiando tutti i giorni luogo di lavoro. Certamente c’erano alzatacce da fare e poi il maltempo o il grande caldo da mettere in conto. Un mestiere tosto, probabilmente uno dei più difficili nel mondo del commercio. Ma quell’andare a cercare il contatto con la gente, su cui Oscar e la Nera erano fortissimi, esercitavano su Gian Elia un grande fascino.

Una grande lezione: non parole ma l’esempio
E così è iniziata la sua esperienza nei mercati insieme ai nonni, prima come garzone, per un annetto, per capire se quello poteva essere il suo mestiere e poi come coadiuvante, per otto/nove anni.
“Oscar, un po’ come mio padre – racconta Gian Elia – non spiegava molto. Il suo insegnamento era alzarsi all’alba, salire sul furgone e recarsi nelle piazze dove approcciava con naturalezza i clienti, assecondandone i bisogni. Ho imparato a poco a poco standogli accanto, ascoltando come proponeva i suoi cappelli e cercando di farlo mio. Ho fatto i conti col fatto che chiedessero spesso di lui, la sua figura era talmente radicata nella testa dei clienti che volevano solo lui. Intanto pian piano crescevo, iniziavo ad avere la mia autonomia, incaricato di occuparmi dei clienti  più giovani. Oscar iniziava a poco a poco a defilarsi, a farsi da parte nei momenti più importanti. Ha cominciato col dirmi “Gian c’è da andare a Modena a prendere un po’ di ‘cosine’, senza dirmi cosa esattamente.E pensare che dai tempi della sua  merceria (fine anni ’50) e a volte anche dopo, quando si è dedicato ai cappelli (fine anni ’70),  Oscar ci andava in Lambretta a far riforimento di articoli e spesso prendeva su anche la Nera! Tornavano carichi di pacchi. Quello che non ci stava lo imbarcava sulla corriera e lo ritirava appena tornato a casa.


Ricordo quando, rientrando dopo i primi acquisti in autonomia, col suo fare bonario (non si arrabbiava mai) mi ha detto: “Eh ma non hai preso quello che ci manca! Se tu fossi attento mentre vendi sapresti già quello che devi comprare”. Questa è stata una grande lezione che mi accompagnerà sempre! Per mio nonno il fatto che mancasse la taglia di un cappello per disattenzione era come un insulto, lui che aveva tutto nella testa, non si segnava mai nulla e soprattutto non aveva dimenticanze!”
Da quel momento l’andare a fare acquisiti è diventato per Gian Elia una prassi come pure la possibilità di integrare nuovi articoli nella collezione.  Oscar già trattava l’eccellenza dei cappelli da uomo, tre marchi in particolare – Borsalino, Barbisio e Panizza -, mentre la Nera si limitava più ad articoli per le signore anziane e aveva meno scelta per la clientela giovane. Ecco quindi che il nipote ha iniziato a occuparsi di questo aspetto.

Fare ricerca
Dopo tanta palestra è  arrivato anche il momento, nel 2010, dell’intestazione della licenza con cui Gian Elia ha semplicemente proseguito sulla strada solcata da coadiuvante, inoltrandosi però più spiccatamente sul fronte della ricerca.
Ha iniziato così a portarsi nelle zone storiche di produzione dei cappelli, in Toscana (nel comprensorio Firenze, Pistoia, Lucca) e nelle Marche (Macerata, Ascoli Piceno…) andando a conoscere direttamente gli artigiani cappellai per vedere cos’avevano da proporgli.  In questo modo ha allacciato rapporti con le aziende, andando a chiedere personalizzazioni di stoffe o modelli.
E poi la partecipazione alle Fiere della moda e il contatto con aziende americane e inglesi, tedesche, polacche…


Tutto nell’ottica di avere buon assortimento di ciascuna tipologia di cappelli “se esiste una cuffia – sostiene Gian Elia – io devo avere dieci tipi di cuffie diverse, quella fatta con un certo tipo filo, quella con una certa lavorazione, quell’altra con una sua peculiarità…non mi accontento di averne una sola!”. Per non parlare degli accessori da abbinare ai cappelli: sciarpe, scaldacollo, cravattine di cachemire, mantelle, guanti con cui divertirsi a fare abbinamenti, perché di fatto nella stagione fredda rappresentano il nostro primo biglietto da visita, lo strato più esterno, la facciata attraverso cui comunichiamo noi stessi agli altri. Anche le cinture in pelle da uomo sono un’altra grande passione di Gian Elia. Ne propone una selezione fatta ad arte da sapienti mani artigiane, evidenziandone gli accorgimenti, le peculiarità, i motivi per cui ha scelto di proporla.


L’arte dei cappellai
Entrare nelle pieghe di questo mondo  significa acquisire consapevolezza  che “fare un cappello è veramente un’arte – come spiega Gian Elia – i  passaggi sono infiniti e qui serve ancora la manualità”.
Ci sono storie incredibili, che non si possono nemmeno immaginare, come quella del più bravo produttore di Panama al mondo che a 85 anni di età ha smesso di prendere ordini, considerando che per un cappello impiega un anno di lavoro, e lui teme di non riuscire a fare più in tempo”.

I mercati e lo show-room
Le postazioni del mercato settimanale che Oscar aveva acquisito sono state mantenute tali e quali dal nipote che al lunedì è a Langhirano, al martedì a Fornovo, al mercoledì a Parma, al giovedì a Bardi/Noceto, al venerdì a Collecchio. Da qualche tempo ha guadagnato anche la piazza di Felino al sabato.
Tuttavia  la sua migliore intuizione è stata quella di aderire a due iniziative di spessore quali il Consorzio La qualità dei mercati di Parma e Mercanti di qualità di Piacenza, che lo hanno portato a farsi conoscere e apprezzare oltreconfine, dove ha trovato una clientela predisposta a percepire il valore dei suoi articoli.


Insieme a lui Loredana, la mamma, donna di gusto ed estro, fautrice delle belle esposizioni che gli hanno anche fatto guadagnare premi. Con la sua esperienza rappresenta un bel riferimento per il mondo femminile, che volentieri si fa consigliare da lei.
Gian Elia, che dice di aver raccolto da Oscar solo parte del suo modo di esprimersi, è brillante, pronto alla battuta, sa essere empatico con i suoi clienti: “Il grigio sta bene con tutto, lo dica a me che ho messo su i capelli grigi!” e così strappa il sorriso anche a chi è più abbottonato!


A Sala Baganza la famiglia Amoretti ha allestito un vero e proprio show-room, gestito da Gianfranco, il papà di Gian Elia, dove è possibile trovare anche pezzi più rari come i mezzi cilindri, i colbacchi, i Panama Montecristi, le Lobbie che vengono fatte produrre su misura per il cliente.

È qui che Gian Elia e Loredana indirizzano gli estimatori, o semplicemente chi desidera ritornare, dopo un approccio conoscitivo in un mercato fuori regione. E il bello è che c’è chi arriva appositamente, magari approfittando di fare una visita turistica nella zona o un giorno alle terme. “Qui si divertono. – racconta Gianfranco – L’esposizione non seriosa che segue il gioco dei colori secondo l’estro di mia moglie, invita a provare e riprovare in libertà”.


Ma torniamo alla scelta in purezza di Gian Elia, quella della piazza, dove siamo andati a trovarlo.
Un caldo sole autunnale si riflette sul mercato settimanale di Collecchio, che ogni venerdì è un appuntamento fisso. Si respira un’aria ossigenata e c’è friccichio fra la gente intenta a fare la spesa. Ci sono appuntamenti che suonano come rassicuranti, in mezzo a tanta incertezza. E ci sono banchi, come quello di Amoretti cappelli&accessori, che esprimono semplicemente la cura e la gioia di vivere e promettono di farti stare bene, se solo ti abbandoni alla ricerca del tuo cappello, provando e riprovando i più curiosi modelli finché non trovi il tuo!
Non abbiamo forse bisogno di questo?

Simona Vitali

 

    

 





 

 

 

 

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