Educazione Artistica

L’AGRIPOETA

24 ottobre 2016

“È stato il rumore degli zoccoli del mulo ad insegnarmi il ritmo della poesia”. Già mi aveva affascinato con la sua personalissima alchimia delle parole quell’uomo che si era avvicinato al nostro tavolo durante la colazione, in una mattina d’estate siciliana, senza apparente motivo, ma fu questa frase a catturare definitivamente il mio interesse.
Giuliano Belloni è di Palombara Sabina, lì è nato, cresciuto, vissuto, respirando ogni giorno la terra, ascoltandone i silenzi, seduto ai margini di una civiltà contadina che sta scomparendo.

“È la terra di mio nonno materno, Romeo; un ragazzo del ’99, quelli che sono stati sradicati, contadini e analfabeti, e catapultati nelle Dolomiti a difendere non si sa bene che cosa. – racconta Giuliano Belloni – Da quella guerra tornò e non volle mai più parlarne. Mi raccontava molte cose, molti episodi, le sensazioni di vertigine che gli davano quelle montagne, ma mai della guerra. Come se volesse mettermi al riparo dalle violenze del mondo. Mi parlava del silenzio, questo sì!”
E si fa poesia il parlare di Giuliano mentre descrive il silenzio, secondo Romeo: “Il silenzio è quella sensazione di vuoto che arriva dopo la neve. Quel momento intimo dove il mondo si ferma”.
Non ne aveva forse mai vista di neve Giuliano quando il nonno raccontava. I suoi occhi di bambino vedevano la terra ordinata dalle mani del nonno contadino, le chiome degli ulivi potate secondo un elementare, ma potentissimo, concetto di armonia. Le sue orecchie sentivano il rumore degli zoccoli del mulo, mentre lui era seduto nella gerla posata sul dorso. Il suo naso avvertiva il profumo della domenica, quando al risveglio aleggiava in tutta la casa il buon odore del sugo.
Tutto questo ha rappresentato la sua cifra stilistica quando ha deciso di intraprendere la strada della poesia.

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“Ma tu chi sei? Fu questa la domanda che mi spiazzò, più di ogni altra ascoltata fino a quel momento. – ricorda Giuliano – Me la fece Eraldo Affinati, uno dei poeti contemporanei che ho potuto conoscere e frequentare. Respingeva ogni mio tentativo di essere poeta. Non hai uno stile che ti identifica, mi ripeteva, fino a quella domanda a cui risposi: sono nipote e figlio di contadini. Allora scrivi di quello, fu l’esortazione”.
Nasce lì, da quei tentativi diventati stile narrativo, la definizione che piace a Giuliano: agripoeta.
Ma prima di arrivare a Eraldo Affinati, è curioso raccontare il metodo che ha spinto Giuliano verso la poesia.
A scuola, durante il liceo, lo studio della poesia si fermava alle soglie della contemporaneità; erano prevalenti i grandi classici e Giuliano Belloni avvertiva l’incompiuto. Ma dove sono i poeti di adesso, come vivono, mangiano, dormono? Da quelle domande scaturì il desiderio di conoscerli e lo fece attraverso il centralino del paese; si trovavano così gli indirizzi delle persone, prima di internet.
Ai poeti inviava i loro libri con la richiesta di un autografo e da lì si stabiliva un contatto che portò Giuliano a conoscerne e frequentarne tanti: Luciano Erba, Elio Fiore, Mario Luzi, solo per citarne alcuni  tra quelli che lo accompagnarono lungo la strada impervia della poesia.
“Erano frequentazioni a bottega, da artigiani della parola. – confida Giuliano – Quella che differenzia dagli scrittori di narrativa. A loro servono pagine e pagine per descrivere un luogo, una persona, un colore. I poeti devono farlo in poche righe. E non è così facile come sembra all’apparenza, quando ognuno di noi prova a cimentarsi con la poesia. Ci è voluto Affinati e quel suo ‘ma tu chi sei?’ per consentirmi di trovare la mia strada”.
Essere un agripoeta per Belloni ha voluto dire raccogliere quei margini di civiltà contadina, su cui era seduto, e trasformarli in pagine scritte, in libri di poesia attraverso i quali raccontare.
Nascono così L’olio nell’insalata e Pane e pomodoro, due libri che descrivono, attraverso la poesia, la frugalità e la semplicità della vita contadina.

amo questo luogo colmo di ulivi di quiete
qui ancora a novembre si può ascoltare
le conversazioni della luna con le stelle
e questo momento ha anche un odore

“A volte ho la sensazione di essere uno spaventapasseri, che allontana il pericolo, con i suoi vestiti di stracci, frutto del non buttare via niente che distingue la civiltà contadina da ogni altra, difende la terra che gli è stata affidata” afferma il poeta.
Chissà se nasce da questa sensazione la sua ultima visione: scrivere parole per mangiare.
In quella terrazza sul mare, a Siracusa, a un certo punto Giuliano si allontana e torna con un minuscolo libro, di poche pagine, su cui erano impresse le sue poesie contadine; le pagine erano di cioccolato bianco, scritte con inchiostro edibile.

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“Le ho realizzate grazie alla collaborazione del maestro cioccolatiere di Rieti, Marco Napoleone – raccontò Giuliano – Ma il mio sogno è scriverle sul pane. E da lì su ogni superficie edibile. Basta con questa iper-produzione di libri di ricette. Facciamo che la ricetta diventi libro, da mangiare”.
La collana editoriale edibile che ha in mente Giuliano, insieme al suo editore Giovanni Serra ,con cui ha ideato il blog https://panpoesia.wordpress.com, si chiama A versi e a morsi: “perché ognuno di noi è disposto a difendere, a versi e a morsi, la dignità, la propria, quella della vita dell’uomo, della donna, dei migranti, di qualsiasi cosa riguardi la nostra parte più intima e sincera, la nostra poesia e la nostra armonia”.
Il germe della curiosità e della ricerca che gli ha inculcato suo nonno Romeo ha vinto ancora: in Sicilia Giuliano ha finalmente trovato il fornaio che ha saputo miscelare con pazienza il pane per le sue pagine.

Luigi Franchi

Le foto di Giuliano Belloni sono di Daniele Oddi di Scaccomatto

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