Educazione Artistica

IO CONOSCO LA MIA DONNA!

4 febbraio 2018

È una Napoli millecolori quella che si riflette intorno a Spaccanapoli, nelle vie stipate di turisti, trascinati dal  serpentone di gente che avanza e intenti ad evitare quegli  scooter che si incuneano a zig zag. Questo senza volersi perdere neanche uno dei tanti negozietti di souvenir che si affacciano sul passaggio, dove sopra a tutto spiccano cornetti rosso fiammante, di diversa fattezza e dimensione. E in effetti sono molto gettonati. Chi non ne fa incetta per distribuirne a familiari e amici al rientro a casa?
Tolti i baretti e le cuopperie, le vetrine si assomigliano un po’ tutte, se non altro per la tipologia degli oggetti che propongono. In questo bazar a cielo a aperto a catturare la nostra attenzione è un tavolino adibito a banchetto da lavoro, davanti alla vetrina di una gioielleria.


Ci avviciniamo e sul piano del tavolo vediamo una grande conchiglia privata della sua “coppa”, ovvero della parte più convessa, sul cui interno sono stati tratteggiati degli ovali; qua e là manopole in legno con affissi sull’estremità alcuni di questi ovali, a mo’ di timbro; e piccoli “taglierini” di diverse dimensioni sparsi lì accanto.
Seduto al banchetto, un signore con la coppola in testa è intento a lavorare un piccolo oggetto: con una mano impugna una delle manopole e con l’altra intaglia la superficie del medaglione di conchiglia con una sorta di piccola lama.


“Questo si chiama bulino – afferma anticipando la nostra domanda – ed è l’unico strumento che adopero per realizzare i miei cammei, secondo un’arte antichissima che ho acquisito da mio padre, mastro intagliatore”.
E ci indica con un cenno il coperchio di una scatola con una piccola esposizione dei suoi pezzi – che ritraggono volti di donna dai finissimi lineamenti e con gli occhi socchiusi, come sognanti – e il loro utilizzo, inseriti in lunghi fili di perle o di coralli ad impreziosirli.


A osservare questo signore, alle prese con un lavoro certosino su un ovale che non supera i due centimetri di diametro, restiamo basiti nel rilevare che opera a mano libera, non seguendo alcuna traccia. “Niente disegni con la matita! – puntualizza Michele – Man mano che ci lavoro esce l’immagine. È l’occhio che mi dice quali linee seguire, dove solcare. Guardate questo sguardo rivolto verso il basso: mi chiede di intervenire sul mento per accentuarlo” ci confida mentre senza alcuna esitazione e con mano sicura scolpisce chirurgicamente il suo bassorilievo.


“Leggete qua”, mentre ci mostra orgoglioso un cartoncino sul piano di lavoro che ne tratteggia la professione.
Scopriamo qualcosa in più di lui: Michele Persichino, classe 1937, è figlio d’arte, ha seguito le orme del padre, il Maestro Beniamino. Ma ciò che più ci sorprende sono un’abilità che sbaraglia e un garbo nel relazionarsi alle persone che fa scuola. Non si stanca di raccontare della sua arte e, a chi è un po’ più curioso, anche della sua vita.
“ Mio padre intagliava i cammei e con questo mestiere doveva sfamare la famiglia. Sono il maggiore di otto figli e ricordo che avevo 10 anni quando affiancavo papà e lo osservavo con attenzione. Guardavo il movimento delle sue mani per fare il profilo, la parte più importante del cammeo. Impara l’arte e mettile da parte: era solito ripetermi papà. Lui era mancino e io ho imparato a lavorare pure a sinistra. Vede, so lavorare sia con una mano che con l’altra. Il fatto è che questo lavoro mi è sempre piaciuto. Poi sono andato nei vigili del fuoco, lì ho fatto carriera fino a diventare maresciallo, ma nel mio tempo libero ho sempre continuato a coltivare questa passione”.


Grazie al coinvolgimento di aziende di grosso calibro di Torre del Greco, come Apa – storico marchio made in Italy che commercializza cammei e coralli lavorati artigianalmente – Michele ha avuto l’opportunità di girare il mondo, come racconta lui stesso con orgoglio: “Mi hanno portato a Las Vegas, Miami, in Giappone per fare eventi dimostrativi sulla lavorazione del cammeo. Ora invece non viaggio più ma sono qui, qualche oretta tutti i giorni”.
Lo ascolta con sorriso benevolo Enrico Cuccurullo, il proprietario della gioielleria Eboli, che lo ospita e racconta del loro incontro casuale: non si sono cercati ma si sono trovati. A dire il vero è stato Michele a fermarsi alla sua vetrina a rimirare affascinato alcuni gioielli con cammeo lì esposti.
“È entrato – ricorda Enrico – e si è presentato e mi ha detto: vogliamo provare? Da quattro anni a questa parte Michele è qui con me per qualche ora al giorno a raccogliere le sue soddisfazioni. Si fermano nugoli di persone, fanno foto e tante domande e non mancano i complimenti”.
“Michele – gli chiediamo a questo punto – ci spiega bene quali sono i passaggi che consentono di arrivare a realizzare un cammeo, a partire dalla scelta della conchiglia più adatta da lavorare?”


“Le migliori conchiglie per l’incisione sono la sardonica, proveniente dai Caraibi o dalla Bahamas (fondo marrone) e la corniola di origine Africana ( colore tendente al rosso). Si procede poi con la scoppatura, ovvero si taglia la ‘coppa’,  la parte superiore della conchiglia. All’interno della coppa si tracciano i contorni dei cammei, si tagliano (in forma ovale o tonda) e sagomano i pezzi con una mola speciale. Questi vengono fissati su un fuso di legno con un mastice caldo (di pece greca, cera e scagliola). Viene poi scrostata la parte più esterna della conchiglia, lasciando in superficie lo strato chiaro da incidere. E da qui inizia il lavoro dell’incisore”.
Con un moto d’orgoglio Michele volge il palmo della mano verso le sue opere: “Queste sono le mie donne! – esclama – Io conosco la mia donna: guardate il mento, le labbra col sorriso, la chiusura degli occhi…”


Enrico, amabilmente complice (sono perfetti insieme, naturalmente complementari, a partire dalla quella pacatezza e cortesia che è merce sempre più rara) aggiunge: “la firma dell’incisore è il profilo. Se ci fate caso, i profili dei volti si assomigliano quasi tutti. Cambia il contorno: i capelli, il gioielli, il tipo di abito…”.


Poi entra in negozio ed esce con un cammeo, sempre artigianale ma di nuova concezione. Non più realizzato a bulino, ma con trapani a frese intercambiabili. “Ecco, vedete questo cammeo? Ritrae il volto di una donna meno tratteggiato, la superficie  è molto liscia, la massa di capelli si riduce a tre onde uniformi. Nel cammeo realizzato da Michele secondo l’antica tecnica artigianale (che risale addirittura alla civiltà micenea in Grecia) le donne sono appena uscite dalla parrucchiera!”.


Ha occhio Enrico e anche buongusto. Nel suo piccolo negozio ha scelto di rappresentare Napoli ma anche il mondo perché, come dice lui, “da qui passa il mondo”. Dalla classicità di pregio spazia al design: non è improbabile quindi trovare accanto al cammeo un paio di orecchini isreaeliani con particolari in seta e cashmere. Ma la perla vera è Michele e la sua arte e più ancora quella bella armonia che corre fra lui ed Enrico da ormai quattro anni, facendoli apparire una cosa sola!

Simona Vitali
simonavitali@solobellestorie.it

 

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