Educazione Civica

E’ SEMPRE STATO COSI’ BIANCO QUESTO LUOGO?

6 maggio 2018

“Ma è sempre stato così bianco questo luogo?” lo chiedo, mentre scorro i titoli all’interno di una minuscola libreria di Peschici, sul Gargano.
Il proprietario, fino a quel momento impegnato nel retrobottega, si affaccia e mi pone nelle mani un piccolo elegante libro dal titolo Peschici con altri occhi, Editore Peschiciana, a cura di Michel’Antonio Piemontese.
“Leggi qui” mi dice, con un’aria tra il distaccato e l’annoiato, come se a quella domanda avesse dovuto rispondere mille volte, aprendomi il libro a pagina 53.
Peschici, dunque, è il posto più orientale ed interessante del Gargano, qui più che altrove, l’influenza saracena ha lasciato le sue tracce nelle belle casette a cupole, che sembrano trapiantate di peso dall’Asia e spiccano di un bianco candido sul meraviglioso verdeazzurro del mare. A fare questa descrizione è Caterine Hooker nel 1927.


“Chissà come era capitata a Peschici, lei come tanti altri scrittori e poeti, o giornalisti. E tutti qui vedevano poesia, pur essendoci abbandono e povertà” spiega il libraio, dopo aver visto un mio interesse reale all’argomento.
“Il bianco che c’è oggi non è niente in confronto a quello di allora che rifletteva un sole che ti inseguiva ovunque”, prosegue.
Decido di acquistare quel libro, chiedendo se l’autore è di Peschici.
“Sono io: Michel’Antonio Piemontese. E la casa editrice è tutta qui, in queste stanze”.


Da quel momento sono trascorsi due anni e l’amicizia con Michel’Antonio, scrittore, storico del luogo, libraio, editore e tipografo è cresciuta ad ogni mia visita. Il motivo? A parte il grande piacere culturale che si ricava conversando con lui, è il suo resistere che affascina e coinvolge.
Resistere ad un turismo massificato che, per tre mesi all’anno, trasforma l’essenza del luogo; resistere ad un isolamento forzato causato dal suo lavoro; resistere perché la sua non è una semplice attività commerciale, ma un presidio sociale e culturale.
Culturale è facile capire il perché, scorrendo i titoli dei libri che Michel’Antonio seleziona ad ogni inizio di stagione: ci sono, ovviamente, i titoli da classifica (non potrei farne a meno, se voglio guadagnarmi il pane: confessa sorridendo), ma spiccano molte pagine di saggistica, di storia locale, di letteratura inusuale.


Mentre, per quanto riguarda il sociale, bisogna avere il piccolo privilegio di oltrepassare gli scaffali della libreria e accedere al retrobottega dove lo spazio è occupato da macchine tipografiche, sicuramente datate rispetto alle tecnologie digitali, perfettamente funzionanti.
“Sono la mia passione e la mia dannazione. Non posso allontanarmi per più di un giorno, perché c’è sempre qualcosa da comporre e stampare. Vuoi i manifesti funebri, vuoi i biglietti da vista o i depliant, piuttosto che le ricevute fiscali per ristoranti e alberghi, o le partecipazioni” confessa Michel’Antonio.


Ma non è solo questo, per quanto significativo sia garantire questo servizio ad una popolazione che, per raggiungere il capoluogo della Capitanata, dove si concentrano questi servizi, rischia di stare in ballo un’intera giornata.
Michel’Antonio aprì la tipografia/libreria con suo padre e suo fratello nel 1973. Peschici non era ancora il luogo turistico che è adesso: il papà faceva il muratore, il fratello insegnava e lui studiava architettura a Firenze. La tipografia era pensata per far fronte, allora come oggi, ad un bisogno della popolazione.
Negli anni Michel’Antonio è rimasto solo a gestire la sua piccola dimensione artigiana; il fratello è diventato preside dell’istituto onnicomprensivo di Peschici (a lui il merito di aver ottenuto questo risultato e di aver formato una nuova giovane futura classe di ragazze e ragazzi che credono nel proprio territorio); il padre, figura gentile, è scomparso all’età della vecchiaia.


Ma non si è perso d’animo, mai! Suoi gli studi sulla storia locale, pubblicazioni che mantengono salda la memoria e aiutano i turisti a guardare con occhi diversi luoghi bellissimi ma altrettanto complicati. Suo il grande lavoro di ricerca di un dizionario etimologico che parte dal dialetto peschiciano per penetrare alla radice stessa delle parole, alla loro storia e leggenda, con oltre 5.000 lemmi dialettali.
“Perché non è ancora pubblicato, se lo hai finito?” gli ho chiesto durante il nostro ultimo incontro.
“Perché sono incontentabile” mi ha risposto.


Michel’Antonio è così. Ogni cosa che fa deve essere ben fatta e deve esserci un motivo per farla: come quando, nei mesi scorsi, l’ho trovato alle prese con le etichette che si mettono nelle cassette della posta o sui campanelli.
“Hanno cambiato la toponomastica di alcune parti del paese e vengono da me gli anziani per farsi fare l’etichetta. Cosa vuoi? Non gli farò mica pagare 50 centesimi ognuno? Le ho preparate per tutti e basta”.
Servono persone come Michel’Antonio, perché ti insegnano a vivere per davvero.

Luigi Franchi

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